Green deal, Vuolo: Facciamo chiarezza. Serietà contro propaganda.

Cos’è il Green deal e perché è al centro del dibattito politico.

Il Green Deal è un pacchetto di normative tramite il quale la Commissione ha voluto dettare target ambientali da perseguire per ridurre il cambiamento climatico. È stato proposto nel 2019 dalla presidente Ursula von der Leyen a inizio della legislatura per rispondere al problema della crisi climatica. 

L’intento del green deal era sicuramente nobile ma la Pandemia da Covid 19 e la guerra in Ucraina hanno cambiato le priorità e la fattibilità del pacchetto ambientale. 

In che senso? Non avremo più un’agenda verde? 

Il Green deal era sbilanciato verso uno solo dei tre pilastri della sostenibilità, quella ambientale a ha trascurato gli altri due cioè sociale e soprattutto economica. I target si sono dimostrati troppo rigorosi e non realizzabili nei tempi prestabiliti. Questa tempistica cosi stringente ha messo in difficoltà gli agricoltori che per far sentire la loro voce hanno dato inizio a numerose proteste davanti al Parlamento europeo. 

Come ha reagito l’Europa di fronte a queste proteste?

La commissione europea e il Parlamento hanno risposto in maniera tempestiva alle esigenze degli operatori e hanno approvato con procedura d’urgenza un pacchetto di deroghe e norme che sono state molto apprezzate dal mondo agricolo. Questo è un esempio di come il lavoro, la serietà e l’impegno abbiano dato risposte concrete al mondo produttivo. È facile gridare contro l’Europa ma è più difficile cercare di risolvere i problemi e portare a casa i migliori risultati possibili per la mia terra. Sicuramente c’è una carenza tutta europea nel far capire il duro lavoro che c’è dietro qualsiasi norma.

Come si risolve però il problema del cambiamento climatico? 

Non si risolve. Chi dice il contrario mente; e mente anche chi lo nega. La verità è che non si può tornare indietro, si può rallentare il cambiamento ma quello che si deve obbligatoriamente fare è creare un piano di ADATTAMENTO agli effetti. Una strategia di cui nessuno parla, ma che io ho descritto nel mio programma elettorale. 

Ci spieghi meglio. 

Il cambiamento climatico è sotto gli occhi di tutti con alluvioni al Nord e situazioni siccitose al sud. Sarà quindi comunque necessario un nuovo Green deal, rivisto, corretto e con obiettivi più raggiungibili e che soprattutto tenga conto della sostenibilità economica, senza la quale l’Europa si potrebbe trovare ai margini della competizione mondiale. Ci vuole un piano di creazione invasi e aggiustamento della rete idrica nazionale per evitare qualsiasi spreco. Per l’agricoltura ho previsto l’istituzione di un terzo pilastro ambientale all’interno della PAC, prendendo ad esempio le misure implementate in USA, che finanzi e calmieri i costi sostenuti dagli agricoltori per le pratiche ambientali che sono più costose di quelle tradizionali.

Lei ha parlato di Stati Uniti, ma sembra che il trend non sia quello di concedere sovranità all’Europa.

E dove andiamo da soli? crediamo veramente che l’Italia da sola possa competere a livello globale? Faccio un esempio: gli Stati Uniti hanno messo sul piatto 370 miliardi per il loro ‘green deal’ investendo in energie rinnovabili e azioni per il clima. L’Italia da sola cosa può fare? La strategia deve essere su base europea perché anche se l’Italia diventa il paese più virtuoso nella lotta al cambiamento climatico ma non viene seguita dagli altri Stati membri, il suo lavoro sarebbe vano.

Lei cosa propone? 

Per prima cosa l’Europa dovrà ripensare al piano attuando azioni di convergenza tra i vari programmi quadro per evitare una dispersione dei fondi e creare più sinergia. Per esempio, molti dei fondi che spettano alla Politica Agricola Comune non sono utilizzati sia per una mancanza di capacità di spesa sia per la difficoltà del carico amministrativo e burocratico che questa impone. Io propongo che i fondi non utilizzati e non spesi dagli Stati membri vadano a favorire l’adeguamento che gli agricoltori devono affrontare per pratiche ambientali. 

In secondo luogo deve adottare il Regolamento sulle Nuove tecniche genomiche che non sono OGM, ma processi che velocizzano il miglioramento genetico delle piante.  Bisogna che queste piante possano essere utilizzate nei campi, non solo a livello sperimentale ma soprattutto produttivo. Grazie alle NTG, si potrà produrre meglio e di più facendo risparmiare gli agricoltori per andare verso una completa sovranità alimentare europea.

Inoltre si dovrà promuovere l’uso dell’intelligenza artificiale, della raccolta dei dati informatici e la digitalizzazione. Io ho proposto di istituire un piano quadro di divulgazione agricola per scambio dati e l’aumento della dotazione finanziaria per il 6° cluster ‘Prodotti alimentari, bio-economia, risorse naturali, agricoltura e ambiente’ del Programma Quadro per la ricerca Horizon Europe per finanziare i progetti di ricerca.

Un programma ambizioso.

Si e non finisce qui, ma ripeto solo lavorando si ottengono i risultati. Mi dispiace constatare che in questa campagna elettorale nessuno parla di temi e di come risolvere i problemi. Sento solo slogan contro l’Europa. Ma pensate veramente che in un’Europa a 27 Stati basti gridare per ottenere i risultati? Io voglio portare al mio Sud tutte le risorse che sono a disposizione. Invito a diffidare da chi vende aria fritta, che, mi permetta la battuta, se esistesse inquinerebbe pure.